APPUNTI DI VIAGGIO
IN VIAGGIO CON LE MIRRORLESS E I FISSI VINTAGE (E NON)
Dopo quasi 10 anni di reflex e "corredone", quello in Scozia è stato il primo viaggio che ho affrontato "solo" con le mie mirrorless e le "loro" ottiche fisse vintage (alcune più, altre meno), utilizzate mediante adattatori. Devo confessare che fino a pochi giorni prima di partire mi sono dibattuto nell'incertezza se partire con il corredo "vintage" o se preferirgli il corredo, sempre mirrorless, ma AF (composto da una Olympus OMD EM1 e relativi obiettivi nativi, alcuni di ottima qualità), che mi avrebbe dato maggiori garanzie di portare a casa un più alto numero di scatti utilizzabili. Ma alla fine mi decido: "hai impiegato anni a mettere insieme questo corredo, dici a tutti che come ti diverti con il fuoco manuale e i fissi non ti diverti con niente e poi, la volta che finalmente si parte per qualcosa di interessante, lasci tutto a casa?! "Giammai!, mi son detto e, buttato il cuore oltre l'ostacolo, ho fatto lo ziano e sono partito all'avventura.
(Lo zaino con tutto il materiale che mi ha accompagnato in Scozia. Il telecomando del condizionatore sul fianco serve a dare un riferimento dimensionale)
Con me, in uno zainetto dove un tempo sarei riuscito si e no a stivare la 5dMKIII e il 24-70 con qualche accessorio, 2 corpi: Sony A7II e Fuji XE2 e i seguenti obiettivi: Voigtlander VM Heliar 15 MM f/4,5; Fuji XF 18 mm f/2; Olympus OM 24 mm Auto W f/2,8; Leitz Elmarit M 28 mm f/2,8; Zeiss ZM Biogon 35 MM f/2; Voigtlander VM Nokton 40 mm f/1,4; Voigtlander VM Nokton 50 mm f/1,5; Leitz Elmarit M 90 mm f/2,8; Olympus OM 135 mm f/2,8.
Inoltre, sempre nello zainetto, diverse schede SD, una moltitudine di batterie (in tutto 7, oltre alle 2 in macchina), cavalletto manfrotto pixie, pezzuola.
Saltando alle conclusioni, come è andata nell'insieme? BENISSIMO!!! Mi sono divertito un mondo, ho portato a casa scatti che mi hanno soddisfatto e le limitazioni operative rispetto a macchine AF e zoom non mi hanno limitato e anzi, in alcuni casi, mi hanno probabilmente costretto a un approccio più consapevole a ciò che stavo facendo. Ho fatto dei capolavori? No, ma quelli non li fa l'attrezzatura e non li avrei realizzati nemmeno con qualche super top di gamma di Canon o Nikon.
Tutto benissimo quindi? Non esattamente, qualche intoppo c'è stato e qualche difficoltà qua e là l'ho riscontrata. Ma ora procediamo con un'analisi un po' più dettagliata.
Inoltre, sempre nello zainetto, diverse schede SD, una moltitudine di batterie (in tutto 7, oltre alle 2 in macchina), cavalletto manfrotto pixie, pezzuola.
Saltando alle conclusioni, come è andata nell'insieme? BENISSIMO!!! Mi sono divertito un mondo, ho portato a casa scatti che mi hanno soddisfatto e le limitazioni operative rispetto a macchine AF e zoom non mi hanno limitato e anzi, in alcuni casi, mi hanno probabilmente costretto a un approccio più consapevole a ciò che stavo facendo. Ho fatto dei capolavori? No, ma quelli non li fa l'attrezzatura e non li avrei realizzati nemmeno con qualche super top di gamma di Canon o Nikon.
Tutto benissimo quindi? Non esattamente, qualche intoppo c'è stato e qualche difficoltà qua e là l'ho riscontrata. Ma ora procediamo con un'analisi un po' più dettagliata.
Sony vs. Fuji - un confronto sul campo a parità di ottiche
Uno dei motivi per cui adoro usare ottiche manuali adattate sui corpi mirrorless è il fatto che la macchina fotografica diventa in questo modo niente più che una sorta di "rullino digitale" liberamente intercambiabile su cui usare tutte le mie lenti. In questo modo, il corpo macchina si sceglie in funzione del risultato prefissato e/o dei gusti personali. Nel mio caso, possiedo di fatto due corpi che, sia pur con caratteristiche completamente differenti (Sony è full frame, con sensore con matrice di Bayer tradizionale mentre Fuji è APS-C con sensore con matrice X-Trans), sono entrambi da considerarsi come entry-level "di lusso" dei rispettivi brand. All'atto pratico, Sony è un prodotto tecnologico ricco di funzioni, con un sensore dalle ottime doti (specialmente a bassi iso), laddove fuji propone un prodotto molto più tradizionale e oserei dire "scarno", ma molto più fotografico che elettronico. Questo, unito ad alcune caratteristiche complementari ma non secondarie (il mirino della A7II nettamente superiore a quello di XE2, lo stabilizzatore presente solo su Sony, ecc...), fa sì che il mio corpo numero 1 quando cerco massima qualità finale e la resa autentica delle mie lenti, sia Sony. Ma quando voglio solo divertirmi, riscoprendo l'essenzialità del gesto fotografico nella sua pura essenza, allora esco con Fuji.
Ma in un viaggio di 10 giorni, con famiglia al seguito (e in particolare con 2 bambine che sono nate proprio il giorno in cui nel supermarket delle virtù era esaurita la pazienza...), la scelta di portare e usare in contemporanea due corpi è stata dettata anche da una ragione di ordine pratico: avere al collo contemporaneamente 2 corpi con due lenti di focale diversa avrebbe sopperito in parte alla mancanza di zoom, dandomi una rapidità operativa maggiore, riducendo al contempo le necessità di cambio ottica.
In questo senso, mi sono trovato benissimo, alternando durante il viaggio diverse combinazioni a seconda delle location. Le due combinazioni che maggormante utilizzato sono state Sony con il 15 mm + fuji con il 24 (36 mm equivalenti) o con il suo 18 mm e Sony con 24 mm (in alternativa 28 o 35 mm) + fuji con 50 mm. Ma durante la vacanza ho usato tutte le lenti in mio possesso un po' su entrambi i corpi.
A livello operativo quindi, tutto molto bene. Nell'uso pratico tuttavia, le due macchine non sono equivalenti e certe differenze, quando le condizioni si fanno più difficili, saltano all'occhio. In primis, il mirino di Sony è molto valido e permette di cavarsela bene in tutte le situazioni. Fuji invece va in grossa difficoltà in presenza di molta luce, specie se laterale (nel mio caso il problema si acuisce perché ho come occhio dominante il destro e la dislocazione a sinistra del mirino della fuji mi costringe a tenere una certa distanza tra occhio e oculare, amplificando il problema di infiltrazione di luce), col risultato di vedere male, il ché rende molto difficoltosa la messa a fuoco manuale. In alcuni casi ho dovuto usare il display posteriore ed è cosa che non amo fare perché non so usare la macchina fotografica brandeggiandola come fosse un cellulare (limite mio). In condizioni più normali invece, gli ausili alla messa a fuoco disponibili sulle 2 macchine sono equivalenti e fanno bene il loro lavoro (specialmente l'ingrandimento a mirino, mentre il focus peaking è un'arma a doppio taglio che va bene per messe a fuoco a distanza media o lunga e pdc abbastanza estese, mentre non è preciso - in entrambe le macchine, per grandi aperture e distanza ravvicinata del soggetto). Facendo molti panorami (urbani e non) e foto di tipo "street", ho fatto larghissimo uso dell'iperfocale e devo ammettere che ha ragione chi sostiene che questo sia "l'autofocus" più veloce del mondo. Scattare preoccupandosi solo della composizione e dell'esposizione regala una velocità operativa unica e un'esperienza d'uso molto gratificante. In questo senso, le mie "vecchie" ottiche (ma anche quelle moderne, fatte sulla falsariga di quelle classiche) sono impagabili, col loro diaframma manuale e la scala delle distanze incisa ben visibile.
Altra differenza pratica nell'uso a favore di Sony è lo stabilizzatore. Non c'è niente da fare, potere scattare a mano libera anche con tempi lunghi, tenendo bassi gli ISO è un valore aggiunto enorme. E' vero che fuji ha un otturatore talmente delicato (quando non si usa quello elettronico), che si può scattare anche con tempi di uno stop al di sotto di quelli di sicurezza (almeno coi grandangoli), ma con Sony mi posso spingere (io, che non sono particolarmente granitico nella mia presa) serenamente fino ai 3 stop, ed è un'altra cosa. Per converso, devo riconoscere che gli alti ISO di Fuji mi piacciono più di quelli di Sony. Non è tanto per la quantità di rumore, ma per la sua resa, che trovo più gradevole.
Ma in un viaggio di 10 giorni, con famiglia al seguito (e in particolare con 2 bambine che sono nate proprio il giorno in cui nel supermarket delle virtù era esaurita la pazienza...), la scelta di portare e usare in contemporanea due corpi è stata dettata anche da una ragione di ordine pratico: avere al collo contemporaneamente 2 corpi con due lenti di focale diversa avrebbe sopperito in parte alla mancanza di zoom, dandomi una rapidità operativa maggiore, riducendo al contempo le necessità di cambio ottica.
In questo senso, mi sono trovato benissimo, alternando durante il viaggio diverse combinazioni a seconda delle location. Le due combinazioni che maggormante utilizzato sono state Sony con il 15 mm + fuji con il 24 (36 mm equivalenti) o con il suo 18 mm e Sony con 24 mm (in alternativa 28 o 35 mm) + fuji con 50 mm. Ma durante la vacanza ho usato tutte le lenti in mio possesso un po' su entrambi i corpi.
A livello operativo quindi, tutto molto bene. Nell'uso pratico tuttavia, le due macchine non sono equivalenti e certe differenze, quando le condizioni si fanno più difficili, saltano all'occhio. In primis, il mirino di Sony è molto valido e permette di cavarsela bene in tutte le situazioni. Fuji invece va in grossa difficoltà in presenza di molta luce, specie se laterale (nel mio caso il problema si acuisce perché ho come occhio dominante il destro e la dislocazione a sinistra del mirino della fuji mi costringe a tenere una certa distanza tra occhio e oculare, amplificando il problema di infiltrazione di luce), col risultato di vedere male, il ché rende molto difficoltosa la messa a fuoco manuale. In alcuni casi ho dovuto usare il display posteriore ed è cosa che non amo fare perché non so usare la macchina fotografica brandeggiandola come fosse un cellulare (limite mio). In condizioni più normali invece, gli ausili alla messa a fuoco disponibili sulle 2 macchine sono equivalenti e fanno bene il loro lavoro (specialmente l'ingrandimento a mirino, mentre il focus peaking è un'arma a doppio taglio che va bene per messe a fuoco a distanza media o lunga e pdc abbastanza estese, mentre non è preciso - in entrambe le macchine, per grandi aperture e distanza ravvicinata del soggetto). Facendo molti panorami (urbani e non) e foto di tipo "street", ho fatto larghissimo uso dell'iperfocale e devo ammettere che ha ragione chi sostiene che questo sia "l'autofocus" più veloce del mondo. Scattare preoccupandosi solo della composizione e dell'esposizione regala una velocità operativa unica e un'esperienza d'uso molto gratificante. In questo senso, le mie "vecchie" ottiche (ma anche quelle moderne, fatte sulla falsariga di quelle classiche) sono impagabili, col loro diaframma manuale e la scala delle distanze incisa ben visibile.
Altra differenza pratica nell'uso a favore di Sony è lo stabilizzatore. Non c'è niente da fare, potere scattare a mano libera anche con tempi lunghi, tenendo bassi gli ISO è un valore aggiunto enorme. E' vero che fuji ha un otturatore talmente delicato (quando non si usa quello elettronico), che si può scattare anche con tempi di uno stop al di sotto di quelli di sicurezza (almeno coi grandangoli), ma con Sony mi posso spingere (io, che non sono particolarmente granitico nella mia presa) serenamente fino ai 3 stop, ed è un'altra cosa. Per converso, devo riconoscere che gli alti ISO di Fuji mi piacciono più di quelli di Sony. Non è tanto per la quantità di rumore, ma per la sua resa, che trovo più gradevole.
Immagine scattata con Sony A7II a 1/8 di secondo a mano libera (voigtlander 15 mm), ISO 500
Immagine scattata con Sony A7II a 1/10 di secondo a mano libera e Zeiss 35 mm (ISO 640)
Immagine scattata con Fuji Xe 2, 1/40, mano libera e Fuji XF 18 mm f/2, ISO 800
Ma veniamo alla sostanza: la qualità di immagine. Diciamo subito una cosa: oggigiorno potete scattare con qualsiasi cosa e avrete comunque una qualità più che sufficiente per la maggior parte degli scopi. Questo però non significa che le macchine sono tutte uguali. Specialmente usandole fianco a fianco e sviluppando i RAW dell'una a fianco di quelli dell'altra, certe differenze non si possono non notare. Premetto che lo sviluppo dei RAW lo faccio con Lightroom CC aggiornato all'ultima versione e che notoriamente questo software non pare essere il migliore (nonostante sia molto migliorato nel corso del tempo) nella gestione dei RAF Fuji (mentre è evidente che va a nozze con gli ARW di Sony), tuttavia è il software di editing RAW probabilmente più usato al mondo (grazie alla sua ottima implementazione e all'integrazione nativa con Photoshop) e personalmente non mi sogno di cambiare il mio workflow per estrarre qualche filo d'erba in più dai raw Fuji. Detto questo, il file Sony, specialmente se facciamo il confronto a ISO nativi (100 per Sony, 200 per Fuji), è superiore in tanti aspetti. In primo luogo la grande estensione della dinamica permette non solo recuperi maggiori (nelle ombre, ma soprattutto nelle luci, dove Fuji perdona invece pochissimo), ma anche una malleabilità del file molto superiore nell'andare a lavorare sui contrasti senza perdere repentinamente sfumature o ottenere effetti artificiosi. Questa è la differenza che salta subito e maggiormente all'occhio: il file Sony lo puoi strapazzare davvero tanto prima che mostri la corda. Fuji è comunque lavorabile, ma va in crisi molto prima. Inoltre, anche sul RAW, i file fuji appaiono spesso troppo contrastati, laddove invece Sony restituisce un RAW davvero molto piatto (quasi inutilizzabile così com'è), che è una manna per l'editing. Il secondo aspetto di differenza è ciò che da anni ormai si legge nei forum di tutto il mondo: è vero, il RAF Fuji, almeno se lavorato con Lightroom, va in difficoltà sui verdi in certe situazioni. In Scozia, dove l'erba assume toni di verde che alle nostre latitudini nemmeno ci sogniamo, la cosa è apparsa molto evidente. Se con Sony, scattando in iperfcoale, la resa del fogliame o di un prato in lontananza è impeccabile, con Fuji, ingrandendo al 100% il dettaglio è impastato e il famoso effetto acquerello salta fuori inesorabile. A ingrandimenti normali e in stampe di dimensioni standard la cosa NON rappresenta un vero problema. Ma negare il problema sarebbe sbagliato e un purista potrebbe soffrirne.
Immagine scattata con Fuji XE2 e Voigtlander Nokton 50 mm @ f/8. notare la resa dell'erba, anche nella zona a fuoco.
Immagine scattata con Sony A7II e Voiglander Heliar 15 mm @ f/8. notare la differente resa dell'erba e del fogliame, sia sul primo piano che sullo sfondo.
Le immagini qui sopra testimoniano a mio parere abbastanza bene la differente resa. E' vero che sono scattate in condizioni di luce molto diversa, ma sviluppando qualche migliaio di RAW delle 2 macchine una a fianco all'altra, posso garantire che il fenomeno è evidente e costante. Peraltro, almeno per i miei gusti e i miei standard, Fuji continua a piacermi nonostante questo, anche perché, di converso, ha una resa colore che Sony non ha e inoltre, il suo essere APS-C mi torna comodo quando ho necessità di usare solo la parte "migliore" dei miei obiettivi. Come nitidezza, entrambe le fotocamere lavorano su livelli decisamente alti e non lasciano spazio a critiche.
Ecco un esempio della "resa colore" di Fuji. Qui, ho simulato la pellicola Velvia (in post produzione, sul RAW, applicando il profilo attraverso Lightroom) e il rosso e il verde, già accesi nella realtà, sono diventati un tripudio, pur mantenendo un certo realismo e una buona matericità.
Come resistenza alle intemperie, devo dire che, per essere fotocamere poco (Sony) o per nulla (Fuji) tropicalizzate, perdipiù usate con anelli adattatori e ottiche assolutamente non tropicalizzate, nonostante i frequentissimi scrosci, non hanno battuto ciglio. Le ho riparate alla bell'e meglio (le infilavo dentro la giacca durante i fortunali più intensi), ma ho anche scattato tanto sotto l'acqua e hanno resistito senza problemi.
In conclusione, apprezzo entrambi gli strumenti, ma sono consapevole dei rispettivi punti di forza e di debolezza. Conoscerli significa cercare di evitarli o di tradurli in vantaggio a fini creativi o espressivi (o almeno poterci provare). Di sicuro, con 2 macchine così, che sono ben lontane dall'essere top di gamma e che non sono nemmeno più "freschissime", non sento il bisogno di nulla di più e credo mi terranno compagnia ancora a lungo.
In conclusione, apprezzo entrambi gli strumenti, ma sono consapevole dei rispettivi punti di forza e di debolezza. Conoscerli significa cercare di evitarli o di tradurli in vantaggio a fini creativi o espressivi (o almeno poterci provare). Di sicuro, con 2 macchine così, che sono ben lontane dall'essere top di gamma e che non sono nemmeno più "freschissime", non sento il bisogno di nulla di più e credo mi terranno compagnia ancora a lungo.
Ottiche: col fuoco manuale il gusto ci guadagna
Immagine scattata con Sony A7II e Leitz 28 mm Elmarit del 1969...per l'età che ha, direi che si difende ancora benino...
A ben pensarci è una vezzosa follia. Abbiamo finalmente macchine con autofocus mostruosi che vedono anche al buio, obiettivi con motori ultrasonici e sistemi di tracking che possono inseguire una freccia. E invece no. Ad alcuni neo-nostalgici come al sottoscritto, da qualche anno gli ha preso la scimmia di buttare via tutto quel bendidio e andare a "raspare" nei mercatini di mezzo mondo (reali e virtuali) alla ricerca di vecchie glorie da utilizzare su corpi modernissimi.
Al di là della resa (alcuni vecchi obiettivi hanno un carattere tutto loro, figlio più dei loro difetti che dei loro pregi, che li rende unici), ciò che mi piace è il "gesto fotografico" antico. Chiudere il diaframma manualmente e vedere l'iride che si restringe, quindi agire su una bella ghiera pastosa e dalla corsa ragionevolmente lunga (per consentire aggiustamenti fini) per mettere a fuoco. Grazie a ingrandimento a mirino e focus peaking, sbagliare una messa a fuoco di soggetto statico è pressoché impossibile e la cosa è anche piuttosto veloce. Le cose si complicano coi soggetti in movimento, specie se rapido e/o erratico. Aiuta non poco chiudere il diaframma ed estendere la PDC, ma più di tutto aiuta lasciare a casa l'ansia da prestazione. Accettare l'idea che si avranno scatti da buttare e che non tutte le foto ci riusciranno. Accettare quell'umana fallibilità con cui da tempo abbiamo smesso di fare i conti e che invece, una volta riammessa in famiglia, ci restituisce una dimensione più umana e più vera. Sia chiaro, nell'armadio ho anche una macchina che uso con le sue lenti AF. Quando devo scattare ai saggi di nuoto sincronizzato di mia figlia le diavolerie moderne mi tornano comode e le uso. Ma la gioia, il divertimento e l'appagamento che mi dà tornare a gesti antichi, maneggiare oggetti sapendo che sono stati maneggiati da altre mani nel corso dei decenni, sono sensazioni che trovo così uniche che non potrei più farne a meno. Non è una cosa per tutti ed è giusto che solo chi si sente attratto da questo modo di concepire la fotografia si metta nel caos di adattatori, obiettivi che quando li compri non sai se funzionano e che potrebbero sgretolarsi tra le mani in ogni momento (o magari anche essere radioattivi!).
La resa? Al di là di tutto e di tutti, invito chi ne ha voglia farsi un giro nella mia galleria Scozia. Se ne potrà fare un'idea, fermo restando che le foto brutte non sono colpa delle lenti, ma del sottoscritto.
Fermo restando che non sono un tecnico e che non mi occupo di test MTF e misurazioni varie, posso dare questi giudizi sintetici rispetto agli obiettivi che maggiormente ho utilizzato durante il viaggio:
- Voigtlander Heliar VM 15 mm f/4,5 I tipo:
Al di là della resa (alcuni vecchi obiettivi hanno un carattere tutto loro, figlio più dei loro difetti che dei loro pregi, che li rende unici), ciò che mi piace è il "gesto fotografico" antico. Chiudere il diaframma manualmente e vedere l'iride che si restringe, quindi agire su una bella ghiera pastosa e dalla corsa ragionevolmente lunga (per consentire aggiustamenti fini) per mettere a fuoco. Grazie a ingrandimento a mirino e focus peaking, sbagliare una messa a fuoco di soggetto statico è pressoché impossibile e la cosa è anche piuttosto veloce. Le cose si complicano coi soggetti in movimento, specie se rapido e/o erratico. Aiuta non poco chiudere il diaframma ed estendere la PDC, ma più di tutto aiuta lasciare a casa l'ansia da prestazione. Accettare l'idea che si avranno scatti da buttare e che non tutte le foto ci riusciranno. Accettare quell'umana fallibilità con cui da tempo abbiamo smesso di fare i conti e che invece, una volta riammessa in famiglia, ci restituisce una dimensione più umana e più vera. Sia chiaro, nell'armadio ho anche una macchina che uso con le sue lenti AF. Quando devo scattare ai saggi di nuoto sincronizzato di mia figlia le diavolerie moderne mi tornano comode e le uso. Ma la gioia, il divertimento e l'appagamento che mi dà tornare a gesti antichi, maneggiare oggetti sapendo che sono stati maneggiati da altre mani nel corso dei decenni, sono sensazioni che trovo così uniche che non potrei più farne a meno. Non è una cosa per tutti ed è giusto che solo chi si sente attratto da questo modo di concepire la fotografia si metta nel caos di adattatori, obiettivi che quando li compri non sai se funzionano e che potrebbero sgretolarsi tra le mani in ogni momento (o magari anche essere radioattivi!).
La resa? Al di là di tutto e di tutti, invito chi ne ha voglia farsi un giro nella mia galleria Scozia. Se ne potrà fare un'idea, fermo restando che le foto brutte non sono colpa delle lenti, ma del sottoscritto.
Fermo restando che non sono un tecnico e che non mi occupo di test MTF e misurazioni varie, posso dare questi giudizi sintetici rispetto agli obiettivi che maggiormente ho utilizzato durante il viaggio:
- Voigtlander Heliar VM 15 mm f/4,5 I tipo:
Di norma uso poco i grandangoli e fino a prima di partire per questo viaggio, la focale più corta che avevo era il 24 mm. Immaginando tuttavia che in un viaggio del genere avrei sentito la necessità anche di qualcosa di più largo, mi sono deciso ad acquistare questo obiettivo, nella sua versione I, pur consapevole che avrebbe creato qualche problema sul sensore della mia Sony (come tutti i grandangoli spinti per telemetro, la pupilla posteriore troppo vicina al piano sensore determina problemi dovuti all'eccessiva inclinazione con cui i raggi di luce arrivano ai fotorecettori). Nella foto sopra, si vede bene il problema del color casting ai bordi (i bordi superiori destro e sinistro sono viola...). Il problema è risolvibile in larga misura in post produzione (la foto sopra è non corretta volutamente). Per il resto, l'obiettivo è molto nitido dal centro alla prima periferia, perdendo ai bordi estremi, ma, diaframmando un po' (f/8), non in modo drammatico (è pur sempre un 15 mm!) e, se usato in bolla, piuttosto ben corretto. Inoltre è talmente minuscoolo da sembrare finto. Onestamente, mi ci sono divertito.
- Olympus 24 mm Auto-w f/2,8:
- Olympus 24 mm Auto-w f/2,8:
Che bell'obiettivo! Pur essendo da reflex, è molto compatto e leggero. Tuttavia appare ben costruito, con una ghiera di messa a fuoco pastosa e dalla corsa giusta e quella dei diaframmi che scatta a dovere. Trovo sia una lente a tutt'oggi molto equilibrata e dalla resa molto piacevole. Buona la nitidezza su tutto il frame, contrasto giusto (né poco, né troppo) e colori molto neutri. Nella foto sopra ha lavorato su Sony, ma lo trovo ideale anche su corpo APS-C, dove l'angolo di campo equivalente a un 36 mm ne fa davvero un eccellente "tuttofare".
- Leitz Elmarit 28 mm f/2,8 (anno 1969), II tipo:
- Leitz Elmarit 28 mm f/2,8 (anno 1969), II tipo:
Che dire? Quando scende in campo sua maestà, ci si può solo inchinare. La mia copia ha quasi 50 anni, ma sta molto meglio dime che ne ho poco più di 40...Costruito splendidamente, ha tutt'oggi una resa eccellente. Nitido senza diventare "finto" come molte lenti moderne, contrastato al punto giusto, corretto benissimo. Ha un'impronta ed è un piacere usarlo, sia sul FF, sia sull'APS-C, dove diventa un 42 mm equivalente, angolo di campo che trovo molto interessante.